IL SIGNORE E’ ANCORA TRA NOI : BUONA PASQUA 2020

 

L’hanno voluto mettere a tacere. L’hanno voluto imprigionare nella morte. L’hanno voluto radiare da questo mondo. Ma il Signore non si lascia né comprimere, né opprimere, né deprimere. E vince, senza neppure voler avvincere, e quindi legare, imbrigliare, imbavagliare chi lo aveva messo a tacere. Vince, piuttosto, volendo convincere, cioè coinvolgere anche noi nella sua vittoria, perché, uscito dal sepolcro, va a raccogliere i suoi, quasi raggiungendoli uno per uno, perché, lasciandosi raggiungere dalla sua presenza, si ritrovino loro più vivi. Si ritrovino soprattutto capaci di continuare la sua passione, quella che, anche a far soffrire – e spesso non poco –, fa comunque vivere, e fa vivere meglio, perché con essa siamo in grado di reagire bene in presenza del male. Oggi siamo noi ad essere come sepolti, barricati in casa, come erano chiusi per paura i discepoli che si erano sbandati nelle ore buie della tragedia, inetti, inebetiti, sprovveduti, frastornati. Oggi ci troviamo noi, non a recitare quella parte, ma a vivere una esperienza amara che vorrebbe spegnere l’entusiasmo, la voglia di vivere e di reagire al male. Anche a provare amarezza, come l’ha provata il Signore davanti alla sua ora terribile, non dobbiamo reagire in maniera scomposta o in maniera disarmata e disarmante, propria di chi si lascia andare allo scoramento. Qui piuttosto è opportuno divenire più coraggiosi nell’affrontare la situazione, come hanno fatto le donne che sono andate al sepolcro, anche a sapere che non c’era più nulla da fare. Ma proprio questo loro coraggio ha permesso di diventare le prime a raccogliere la bella notizia. Oggi dobbiamo imparare a dare coraggio a chi non ce l’ha, a dare speranza a chi l’ha persa, a dare un esempio convincente di impegno serio a chi è tentato di chiudersi ancora di più nel proprio egoismo. Anche qui si vede la risurrezione, come passione del Signore che continua in noi, e che, continuando, ci permette di affrontare il male, sempre, comunque, fino in fondo. Qualcuno, in effetti, è tentato, come i due di Emmaus, di fuggire davanti alla realtà, di lasciar perdere, visto che non serve a niente e a nessuno resistere e combattere contro un male che si fatica a contenere, perché se il virus, prima o poi, si potrà anche vincere, certe altre forme di male, come la violenza e la corruzione, l’ingiustizia e la prepotenza sembrano non avere argini di contenimento. E così dall’illusione si passa alla delusione, che si poteva avvertire nelle parole amare dei due. Essi però vengono raggiunti dal Signore, il quale è sempre in giro, come uno che non si fa riconoscere, e magari con le fattezze di uno che neppure conosciamo. È  in giro a incoraggiare con la persuasione, fatta di parole, che, a sentirle, non sembrano affatto solo belle parole di circostanza, avendo dentro tanta passione. Oggi siamo raggiunti anche noi dai tanti, che pure in simile contingenza – per la quale mancano i dati necessari per reagire nella maniera giusta e mancano soprattutto i mezzi per controbattere in maniera adeguata – non stanno a fare filosofie e a produrre la solita retorica, ma si mettono in gioco. Il Signore ha proprio insegnato questo, perché per lui la passione ha proprio questo significato: mettersi in gioco, anche se il gioco diventa pesante e può sembrare addirittura in perdita, già in partenza. Ma proprio perché si gioca la propria vita per la vita altrui – e questo è l’aspetto che rende la vita veramente umana e veramente meritevole di essere vissuta – allora non ci si tira indietro, allora non si cerca la strada per prendere le distanze. E se anche gli altri fanno così, non così può fare uno che ci crede veramente e perciò opera in tal modo. E il suo parlare – ma soprattutto il suo agire – diventa convincente, cioè la maniera per coinvolgere altri con qualcosa che è sempre vincente, anche se noi abbiamo l’impressione in realtà di andare incontro alla perdita totale. C’è gente generosa, che ci sta a fare, esattamente come ha fatto il Signore; c’è gente che in questa circostanza, come in tante altre nella storia, senza diventare personaggi della grande storia, si è trovata a perdere la propria vita e proprio per questo la si dovrebbe considerare sconfitta, perdente, umiliata. In realtà i veri eroi, i cosiddetti “santi della porta accanto”, anche a non avere quella che considereremmo una vita regolare sotto il profilo religioso per pratiche e devozioni, sono quelli che hanno davvero messo a repentaglio la vita perché altri l’avessero e l’avessero in abbondanza, secondo l’espressione evangelica. Lì troviamo il Cristo che ha ragione nel suo dire: Chi vuol salvare la propria vita la perderà. Cioè la darà via per gli altri. Ma appunto perché la dà, la ritrova in loro, cioè vede che continua in loro. Esattamente come succede ai discepoli di allora e a quelli di oggi, che raggiunti dal Signore, morto e risorto, sentono rinascere la propria vita e stavolta la mettono davvero a disposizione. Non è forse così, anche per quelli che in questi giorni abbiamo visto trovarsi coinvolti sia sul versante della malattia, presa e affrontata senza dover cercare necessariamente spiegazioni, colpe, responsabilità, sia sul versante della lotta nei confronti della malattia, magari ben consapevoli di tutti i rischi connessi? Qui abbiamo celebrato e continuiamo a celebrare la passione, perché essa non è un rito, come forse spesso abbiamo pensato, ma è proprio un vissuto, un’esperienza di vita autentica. Ma se celebriamo la passione, come passione del Signore, non mancherà il passaggio, cioè la Pasqua. Sì, perché anche ad avere tanti mali, noi, combattendo ogni volta con la giusta passione, ogni male siamo in grado di affrontare e di superare, per vivere già fin d’ora la risurrezione, nell’attesa di quella futura. E proprio perché attendiamo questa, la risurrezione di oggi è pur sempre limitata ad ogni male che si presenta, che va affrontato e superato con la giusta passione. Questa ci fa vincere e ci fa uscire, come ne è uscito il Signore. Anche a conservarsi il male nel mondo, quello che ha fatto violenza a lui e continua a far violenza a tanti, nella misura in cui uno non si lascia turbare dal male e reagisce sempre con il meglio di sé, allora c’è già la Pasqua; allora può riconoscere di vivere l’esperienza della risurrezione, quella di Gesù, certo, e in forza della sua, quella pure dei suoi discepoli che da questa esperienza ne sono usciti più forti, più coraggiosi, più decisi ad andare avanti per raggiungere non i confini del mondo, ma anche quelle persone che il mondo vorrebbe considerare emarginate, per dire loro che c’è sempre da sperare, quando si lotta come ha lottato il Signore e soprattutto quando si lotta insieme con lui. Viviamo questa Pasqua, resa ancora più vera dalle circostanze che abbiamo intorno, perché ci dimostriamo veramente all’altezza di una simile situazione e proprio per questo possiamo dire che ora ci attenda la passione continua che Gesù ci affida perché dopo la sua Pasqua ci sia anche la nostra risurrezione, già qui e poi nel mondo futuro!

IL SIGNORE E’ ANCORA VIVO  E SIAMO VIVI ANCHE NOI CON LUI:

BUONA PASQUA

HO VISTO IL SIGNORE RISORTO

ANCHE OGGI NELLA NOSTRA MORTALITA’

Maria era tornata al sepolcro, desiderosa di stare insieme con il suo Maestro, che ha tanto amato e seguito. Era tornata per dare l’estremo saluto con più calma e devozione. Non potendo avere altro, cercava un corpo, cercava con affetto quello a cui noi siamo legati, perché ancora, per noi, le persone sono desiderate per la loro presenza fisica, anche se è ben altro che noi desideriamo. E quando sappiamo che ci sono, anche se non sono presenti fisicamente, forse non diamo loro tutta quella importanza che invece avvertiamo, nel momento del distacco definitivo, quello della morte. Noi, in questi giorni, i giorni di una distanza che impedisce i contatti, le carezze, i baci, le espressioni, insomma, di affetto, sentiamo più che mai questo distacco e il bisogno di ritrovare persone care, che invece sono lontane, magari ammalate o addirittura scomparse nel vortice della morte. Ne sentiva il bisogno anche Maria, che aveva sempre manifestato il suo affetto a Gesù. Maria aveva questa particolare sensibilità e voleva esprimere queste delicatezze molto umane, a cui neppure Gesù si sottrae. Ma ora lei si ritrova ad aver perso anche il corpo del suo Signore e Maestro. Non c’è più! Non c’è più in quella tomba in cui era stato messo, e lei era stata a guardare la mesta cerimonia ed era sicura che lì l’avrebbe rivisto, per quanto cadavere. E lo cerca … non si dà pace, fin quando non l’abbia ritrovato … è angosciata all’idea che anche questo le sia sottratto. È la stessa angoscia di tanti che nelle circostanze attuali non hanno neppure la possibilità di imprimere negli occhi l’ultima immagine dei propri cari, di riavere quella fisionomia che è stata sottratta loro in modo repentino, in modo inaspettato. Ma soprattutto, come è successo a Maria, tanti non hanno nemmeno la possibilità di tributare quei saluti che siamo soliti fare nell’ultimo commiato. Ci consoliamo – almeno per chi ha questa fede – con la speranza della risurrezione; ma sappiamo anche che questa ci sarà nell’ultimo giorno, mentre nel frattempo si consumano questi nostri giorni all’insegna della precarietà, della debolezza, della continua mortalità. Eppure, anche nel tempo che passa e che non ritorna, c’è la possibilità di vivere bene e di rivivere ancor meglio. Maria, per quel suo desiderio intenso di vedere il Signore, viene ripagata dal dono di una presenza fisica che la fa rivivere. Non può nemmeno sfiorarlo, può solo vederlo; ma questo le basta perché la sua esistenza cambi. Il suo continuo voltarsi spiega efficacemente questo suo rinnovamento che la fa vivere ancor meglio, ora. Non lo può toccare, non lo può abbracciare, non lo può trattenere; e tuttavia ella è contenta di averlo visto e questo va a dire agli altri. Questo continua a dire nel vangelo a noi, analogamente a quello che, forse, sentiamo dire dai tanti che hanno fatto una simile esperienza, avendolo visto vivo, magari negli occhi dei morenti, magari nelle persone che ora non ci sono più ma che sono state significative per il vivere e che tali rimangono per questo loro sguardo che si è impresso e che non ci lascia più. Anche qui, dunque, vediamo la risurrezione! O meglio, vediamo persone che sentiamo vive, pur non essendoci più accanto. E sono loro a darci forza per continuare, pur con tutti i dolori che non mancano, pur con le traversie che insistono ad esserci, pur con tutti i mali che imperversano e che vorrebbero scoraggiare, deprimere, mortificare. Ma la morte non vince. Vince piuttosto l’amore, quello di Gesù per Maria e quello di Maria per Gesù, quello che abbiamo avuto da tanti e quello che sappiamo esprimere quando non ci lasciamo andare alla delusione, all’avvilimento, alla disperazione. Riconquistata alla vita, che sente risorgere in lei, anche se il Signore non si trattiene, anche se il Signore sale al Padre, Maria non si ferma più, ed assumendo la passione del Maestro, anche a sapere che le costerà caro, si fa presente ovunque, persino dove la casa è con le porte serrate e quindi impenetrabile, persino dove il cuore è rimasto impietrito e lo sbandamento ha inebetito un po’ tutti. Si fa presente, con la sua carica e la sola esperienza di aver visto il Signore vivo, per riscaldare il cuore e gli animi e farli uscire ad una realtà che rimane, certo, ancora amara, ma che nello stesso tempo, va fatta risorgere con l’entusiasmo di chi ha capito il vero significato della passione. Magari non cambieranno molto le cose intorno. Anzi, lei stessa avrà l’impressione che la violenza e l’inganno cercheranno di nuovo di avere il sopravvento, nonostante la bella notizia di cui lei si fa portavoce. Ma se lui è risorto, veramente risorto, e lei stessa si sente ricaricata da questa presenza del Maestro, anche ad apparire e poi sparire, ogni disagio può essere affrontato, per quanto possa essere doloroso e impietoso. Proprio lì è necessario mettersi, come si è messo lui e come continua a mettersi dove gli uomini risultano oppressi da tanti mali, perché proprio con questa risurrezione, cioè con questo ritornare in campo sempre più vivi che mai, si fa strada la risurrezione, c’è la possibilità concreta di una rinascita che per Maria è ora solo da compartecipare agli altri. E in effetti va dai discepoli, va nella casa in cui sono ben chiusi dentro per paura, come dovremmo fare noi oggi, per un altro genere di paura. Lì, e stando lì, dobbiamo portare quella serenità di spirito, quella gioia interiore, quella ricarica sempre necessaria, che può permettere la rinascita, la risurrezione, anche a sentirci spesso delusi e scoraggiati. Senza la nostra risurrezione, come è stato per Maria e per i discepoli con lei, la risurrezione di Gesù potrebbe essere vanificata. E per noi la risurrezione, oggi, consiste nel continuare la passione che ci fa affrontare il momento difficile, senza stancarci mai di operare per gli altri, per un bene che sappiamo essere più grande del nostro bene personale, per una gioia che è vera nella misura in cui è condivisa e quindi allargata con l’impegno che ciascuno assume, sempre per gli altri. Se riusciamo ad essere coerenti e fedeli con questa impostazione, davvero è Pasqua per tutti e perciò il passaggio temporaneo in un momento oscuro, che ha il sapore amaro di una specie di sepolcro, si trasforma in quella Pasqua che ci farà sentire tutti risorgere, tutti rinascere, tutti ritrovare un vivere diverso, di cui abbiamo davvero bisogno. Il Signore viene a suscitare in noi, come in Maria, questo anelito di vita. Assumiamolo da lui e con lui, perché questo nostro mondo rinasca. Davvero.