I compagni del crocifisso: il buon ladrone.

GESU’ SOLO CON UN LADRO

Secondo la testimonianza dell’evangelista Giovanni, l’apostolo Tommaso aveva detto con molta chiarezza che tutti sarebbe stati pronti ad andare a morire con lui, quando Gesù aveva preso la decisione di andare in Giudea per l’amico Lazzaro ormai morto, nonostante il clima poco favorevole nei suoi confronti. E altrettanto, se non con più forza, aveva sostenuto Pietro nelle ore immediatamente precedenti la tragedia che li avrebbe travolti. Era pronto a dare la vita per lui; eppure – ed è il Signore stesso ad avvisarlo – di lì a poco lo avrebbe rinnegato, proprio per salvare la pelle. Insomma, con il Maestro non c’è nessuno dei suoi, perché abbandonatolo, nel momento della cattura, se ne fuggirono e non si fecero più vedere, andando a rintanarsi nel cenacolo per paura dei Giudei. L’unico a trovarsi a morire davvero con lui è il buon ladrone. Era costretto, in realtà, dalla condanna a scontare quella pena; e tuttavia in quella posizione lo riconosce innocente, lo riconosce amico, lo riconosce Dio e Salvatore! Ancora una volta dobbiamo riconoscere che Gesù è veramente solo sulla croce, ad ha la sola compagnia di un … ladro assassino. Evidentemente egli ci vuole insegnare che la croce è tale se abbracciata e vissuta in solitudine, perché solo così apre alla vera solidarietà e alla eterna comunione.

IL BUON LADRONE:

VERO COMPAGNO NELLA CROCE E NELLA GLORIA

Il compagno di sventura è così un ladro, che – si potrebbe dire – fa il suo ultimo colpo e questa volta ha da guadagnare per sé il paradiso. È un vero compagno, perché nella sventura riconosce chi è più sventurato di lui, se non altro perché muore innocente, e a lui, per questa sua innocenza riconosciuta, si appoggia, ben consapevole che questo non gli cambierà nulla in questo mondo: non cerca, in effetti, il miracolo dell’ultima ora, quello insperato e impossibile; cerca il solo miracolo di tutta la sua esistenza, quella che, precipitata nel baratro, sia ora nell’unica risalita possibile. È un vero compagno perché assapora anche lui il calice amaro della vita e lo fa diventare il calice della salvezza, andando fino in fondo come Gesù, con Gesù. Ai discepoli era stato chiesto se potevano bere il calice della passione, più che desiderare di sedere alla destra nella gloria. Ed essi avevano risposto di sì; ma poi al momento cruciale, se ne erano andati. Rimane lui e lui il calice lo beve; e, bevendolo fino in fondo, ha la possibilità di sedere alla destra del Figlio dell’uomo in quella gloria, che si può avere solo a partire dalla croce!

È un vero compagno perché questo calice amaro ora diventa anche per lui un’esperienza di donazione: la croce con Gesù non è solo un patibolo, ma è un modo di concepire e di vivere l’esistenza all’insegna del dono e così incomincia a fare anche il “buon ladrone” che si mette a disposizione di Gesù, mette a disposizione se stesso, la sua vita per lui, come non aveva mai fatto prima d’ora. Per lui il vivere era solo un’occasione per pensare a sé, per vivere di espedienti, per cercare l’utile sempre e solo a suo vantaggio; adesso, invece, capisce che deve valorizzarla meglio e per questo si dispone a fare come Gesù, se non altro perché gli riconosce che lui è innocente, non ha colpa alcuna per morire così. Se lo fa, allora ci sarà un’altra ragione misteriosa, quella che anche lui vuol cogliere, vuol seguire, vuol considerare di valore. Insomma, il “buon ladrone” si dispone ad accompagnare Gesù nel suo morire, perché solo così intuisce di avere un vivere diverso e migliore!

CANTO

Se nell’angoscia più profonda, quando il nemico assale,

se la tua grazia mi circonda, non temerò alcun male:

t’invocherò, mio Redentore, e resterò sempre con te.

SALUTO

Proseguiamo il cammino della croce

nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo.

Amen.

Dio Padre ci accoglie come figli smarriti nel Figlio Salvatore:

e noi ritroviamo la via del ritorno a casa nel suo perdono!

Gesù ci porta sulle sue spalle come la pecora perduta e ritrovata:

e noi ci lasciamo condurre da lui che ci vuol bene!

Lo Spirito ci dà la sapienza e la forza per affrontare prove dolorose:

e noi accogliamo i suoi doni per poter fare grandi cose con lui!

Signore Gesù, che hai accolto il pentimento del ladro

e lo hai salvato con la promessa del Paradiso,

mentre lui era compagno nella pena e nel dolore,

dona a noi per il suo esempio un sincero riconoscimento degli errori,

una gioiosa esperienza di rinnovamento nel cuore,

e la sicura speranza di avere da te il premio delle tante fatiche,

perché nel cammino faticoso dell’esistenza non ci scoraggiamo mai,

e possiamo seguirti fino in fondo del dono della vita,

per godere con te il Regno dei cieli, nei secoli dei secoli.

Amen.

IL VANGELO DEL BUON LADRONE 

Tutti i vangeli, compresi quelli apocrifi, parlano di Gesù, crocifisso con altri due, che sono disposti sulla loro croce ai lati, perché egli risulti la figura centrale, quella su cui tutti puntano con le loro parole di disprezzo o con le loro aspettative miracolistiche che ben sapevano irrealizzabili. I due sono definiti “ladroni”, perché nelle loro ruberie hanno pure commesso violenze ed omicidi: la violenza fisica comporta per loro la condanna capitale. E proprio perché sono violenti, ecco l’immagine di due che si aggregano alle parole forti, alle invettive e agli insulti che accompagnano l’esecuzione capitale. Solo nella versione di Luca (e negli apocrifi) compare la figura del ladrone, che poi verrà ricordato come “buono”. 

Matteo 27,38.44

Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra … Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.

Marco 15,27.32b

Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra … E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

Nella scena che poi Luca definisce “spettacolo”, qualcosa da guardare con molta attenzione per imparare da lì a vivere, come quando si assiste ad una rappresentazione teatrale, ci sono, prima della morte, tre categorie di persone che insultano Gesù (i capi, i soldati, uno dei malfattori)e, dopo la morte, altre categorie che ripensano all’accaduto (il centurione, le folle, i suoi conoscenti).

Si distingue il secondo dei malfattori che appare “timorato di Dio” …

Luca 23,39-43

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Giovanni 19,17-18

Gesù, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo.

Nei due vangeli apocrifi sotto riportati si riscontra ciò che troviamo in Luca, segno di una tradizione diffusa nell’ambito cristiano, che vuole vedere già all’opera la salvezza portata da Cristo con la sua morte in croce. Se uno viene salvato – e la promessa di Gesù è inequivocabile! – allora il Regno è già davvero una realtà!

Vangelo di Pietro

Poi presero due malfattori e crocifissero in mezzo a loro il Signore. Ma egli taceva, come se non sentisse alcun dolore. E quando ebbero drizzato la croce vi scrissero sopra: “Questo è il re d’Israele”. Quindi, deposti i vestiti davanti a lui, li divisero in lotti e tirarono a sorte su di essi. Ma uno dei malfattori li biasimò, dicendo: “Noi, per i mali che abbiamo commesso, soffriamo così; ma costui, che è venuto come salvatore degli uomini, quale ingiustizia vi ha fatto?”. Ed essi, adirati contro costui, diedero ordine che non venissero rotte le sue gambe, affinché morisse fra i tormenti.

Nel vangelo di Nicodemo appaiono i nomi dei due briganti, che diventano poi molto popolari e giungono fino a noi nei racconti che ne trattano. Disma è un nome di origine greca che designa “il tramonto”: è probabile che si voglia così definire quest’uomo al tramonto della sua esistenza, ma per risorgere all’altro mondo. Si fa riferimento anche ad un personaggio che compare nell’infanzia di Gesù: nel vangelo arabo dell’infanzia si parla di briganti che intercettano la famiglia in viaggio tra la Palestina e l’Egitto.

Vangelo di Nicodemo (greco)

Anche il ladrone che era crocifisso al suo fianco sinistro gli disse: “Se tu sei il figlio di Dio, scendi e salva te stesso e noi!”. Il nome di costui era Gesta. Ma quello crocifisso alla destra, di nome Disma, rimproverò l’altro ladrone, dicendo: “Povero sciagurato, non temi Dio? noi soffriamo pene adeguate a ciò che abbiamo fatto; costui invece non ha fatto assolutamente niente di male. Non hai visto, sventurato il sole oscurarsi, e la luna su tutta la terra, dall’ora sesta fino all’ora nona? E la cortina del Tempio squarciata?”. Poi, rivolto a Gesù, gli disse: “Signore, quando sarai nel tuo regno, non dimenticarti di me!”. Ed egli rispose: “Io ti dico in verità che oggi sarai con me in Paradiso”. Questo era il ladrone Disma che, alla nascita di Cristo, cioè 33 anni prima, si trovava in Egitto, quando a Giuseppe fu dato avviso dall’angelo di prendere il bambino e la madre e di fuggire …

Riflessione

Solitamente nel vocabolario biblico tutto ciò che viene definito buono, vuol dire che appartiene a Dio o che è rivelazione di Dio. Se così è, allora questo ladrone è buono non perché abbia virtù e qualità che spingono a vederlo così, ma perché in lui si rivela il perdono di Dio, che è sempre alla ricerca dell’uomo, soprattutto se traviato. Il Vangelo però non lo definisce con questo aggettivo; siamo noi a presentarlo così distinguendolo dall’altro e proprio per questo vogliamo leggere in lui l’intervento di Dio che compie il suo più grande “miracolo”, anche se non è quello secondo i criteri umani. Propriamente non chiede perdono, ma usa quell’espressione della preghiera che solitamente vede Dio piegarsi alla richiesta umana. “Ricordati”, non è un richiamo alla memoria, bensì al cuore di Dio che ha sempre presente l’uomo, anche quando si perde e va recuperato. Ma il “ricordarsi” è pure richiamo alla fedeltà di Dio, quella per cui Dio non si smentisce mai nel suo amore, che è fedele proprio perché ha sempre da mettere in campo qualcosa in più per riavere l’uomo a cui tiene tanto.

Preghiera

Ricordati, Signore, di tutti coloro che si perdono lontani da te;

ricordati, nel tuo amore fedele, che li hai creati e che sono tuoi.

Ricordati, Signore, di coloro che si dimenticano di te o non ci pensano:

non abbandonarli, anche se essi ti hanno abbandonato!

Ricordati, Signore, di noi, che non siamo fedeli nel seguirti:

avvinci sempre con il tuo amore quelli che hai chiamato!

Richiama sempre il tuo amore, molto più grande del nostro;

fa’ che non ci manchi mai, perché possiamo ritornare a te.

Richiama sempre al nostro cuore quanto hai fatto per noi,

e noi ritorneremo a te, perché lontani da te non possiamo reggere.

Canto

Signore, ascolta: Padre, perdona! Fa’ che vediamo il tuo amore.

A te guardiamo, Redentore nostro, da te speriamo gioia di salvezza:

fa’ che troviamo grazia di perdono!.

LA FISIONOMIA UMANA DEL BUON LADRONE

Andando all’essenziale, il Vangelo di Luca rivela ciò che viene all’evidenza in quel momento del ladro pentito: il suo appello ad essere ricordato per l’al di là. Non si dice nulla di ciò che è stato nel corso della sua esistenza: se è in croce, deve aver fatto qualcosa di molto grave, come lui stesso lascia intuire, riconoscendo di meritare quella pena. Forse poteva essere già in corso un pentimento dentro questa sua coscienza debole. Noi registriamo questo suo incontro con Gesù, in cui, invece di appellarsi alla misericordia, si aggrappa alla sua fedeltà e così non solo ottiene il perdono, ma un dono insperato, quello di poter accedere con lui in paradiso. L’uomo è salvo, in fondo, se si arrende all’amore di Dio che è innanzitutto, diversamente dal nostro, molto fedele. A questo suo arrendersi alla grazia si dedica ora la nostra ricerca, perché possa diventare anche per noi esperienza di vita.  

MARIO POMILIO (1921-1990)

Il capolavoro di questo scrittore abruzzese, poco conosciuto e considerato, è stato scritto nel 1975 ed è un romanzo unico nel suo genere, perché sperimenta generi espressivi diversi. È narrata in forma epistolare la vicenda di un soldato americano che in una canonica di Colonia nell’aprile 1945 scopre le tracce dell’esistenza di un quinto vangelo. Si mette alla ricerca seguito da un gruppo di studenti universitari e raccoglie una serie di documenti di varie epoche che danno segni circa la composizione di un vangelo in aggiunta ai quattro canonici. Questi vengono allegati alla lettera inviata alla Commis-sione Biblica Vaticana per avere una risposta che, raccolta dalla segretaria alla sua morte per cancro, servirà a far continuare la ricerca ai suoi disce-poli. In realtà il quinto vangelo non esiste, ma la ricerca che se ne fa per-mette di sviluppare in ciascuno la coscienza di essere interlocutore e depo-sitario di questo annuncio che continua nei secoli. Al termine della raccolta viene dato un testo teatrale che è una specie di sacra rappresentazione in cui tutti possono partecipare e in cui il protagonista diventa il quinto evangelista. In questa sezione di parla dei due ladroni.

Da “IL QUINTO EVANGELIO” (p. 364-368)

Sacerdote: Ma che cosa c’è dunque in questo tema della Passione, che basta entrare in una parte per scontarla fino in fondo? Procediamo per ordine, per carità. E teniamoci ai fatti. Tu, Giuda, pel momento mettiti da parte. E calmati. Abbiamo tempo per te. (Al primo ladrone) Tu dicevi, se non sbaglio, d’essere il primo dei due ladroni.

Primo ladrone: Il primo, appunto, sì. E il dannato, secondo Luca. Perché secondo gli altri non vi fu nulla, nulla: nulla almeno che implicasse la menoma differenza tra me e questo qui (indicando il secondo ladrone).

Luca: E se ci provassimo davvero a discutere con calma? Partiamo dai testi, per favore. Se volete, incomincio io.

Uno del pubblico: Meglio no. Procediamo secondo l’ordine. Meglio ancora, procediamo secondo l’ampiezza della testimonianza. Sarebbe interessante stabilire come s’è formata la tradizione.

Sacerdote: Giusto … Allora, se non sbaglio, tocca prima a Giovanni.

Giovanni (leggendo): “Lo crocifissero, e con lui altri due, uno di qua e uno di là”.

Primo ladrone: Avete veduto? Nient’altro. Nemmeno che fossimo due ladroni.

Marco (leggendo): “E con lui furono crocifissi due ladroni, uno alla destra e uno alla sinistra di lui. E si adempì la scrittura che dice: – E fu annoverato fra gli scellerati”.

Giuda: Naturalmente! Dovevano adempiersi le Scritture. Non per altro fummo chiamati a svolgere il ruolo dei malvagi. Si dava il caso che il buon Dio avesse deciso di venire a salvare l’umanità, e per potervi riuscire, siccome così era scritto …

Sacerdote (interrompendolo): Ti avevo pregato di tenerti in disparte!

Matteo (leggendo): “Nello stesso tempo erano stati crocifissi due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. E la gente che passava scuoteva il capo, e insultava Gesù dicendo: – Tu che salvi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso. Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce. E i gran sacerdoti e gli scribi e gli anziani per beffeggiarlo dicevano: – Ha salvato gli altri e non è capace di salvare se stesso … (Col tono di chi salta qualche riga). E anche i ladroni crocifissi lo beffeggiavano.

Primo ladrone: Sicuro, anche i ladroni. Ma anche ammesso? Poveri ladri, fatti morire in compagnia del Figlio di Dio. Ma era troppo onore! E allora, avremmo riso. Ridevano i sapienti, i gran sacerdoti, e non potevamo farlo noi? … Ammesso poi che lo facessimo: poveri corpi straziati, ti pare che avessimo voglia di ridere o di sbeffeggiare un disgraziato che ci era accanto? Al massimo sarà stato un ghigno di dolore.

Avvocato Schimmell: Ha ragione. Il tipico esempio di come si forma una tradizione: una nota di cronaca finché qualcuno non incomincia a ricamarci su. Gli interi Vangeli si sono formati così.

Luca (Di forza, interrompendolo): “Uno dei ladroni ch’erano crocifissi ai suoi lati lo bestemmiava dicendo: – Non sei il Cristo? Salva te stesso e noi. ma l’altro a risposta rimproverava il compagno: – Non hai timor di Dio, tu che sei dello stesso supplizio? Noi però siamo a ciò secondo giustizia e riceviamo la pena meritata con le nostre azioni; mentre costui non ha fatto nulla di male. Poi disse: – Gesù, ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno. Egli rispose: – In verità ti dico che oggi tu sarai con me nel paradiso.

Primo ladrone: E io nego. Ero lì accanto e queste parole io non le udii. E nessun altro poté udirle, perché non furono pronunziate.

Secondo ladrone: E invece lo furono. Senonché tu, perduto dietro la tua irrisione, non fosti in grado d’udirle. O di comprenderle.

Giuda: Ma sentilo il privilegiato, come difende il suo paradiso, invece di domandarsi se, nella sua carità, la tanto conclamata sua carità, il Cristo ha veramente pronunziato il “Padre, li ho salvati tutti”: che sarebbe stato talmente più degno d’uno che s’era dichiarato il salvatore.

Sacerdote: Giuda, Giuda, ti avevo pregato di tacere.

Primo ladrone: Ma Giuda ha ragione. Quel dialogo non ci fu. (Al secondo ladrone) Ma non ti rammenti in quale stato eravamo? Contratti, impazziti nell’atrocità del dolore, capo e petto ricascanti, senza quasi più respiro. Figuriamoci se era possibile pronunziare pure una parola … E poi, in ogni caso, perché lui e non me? E perché non ambedue, se era venuto per salvare? Perché la gratuità del procedere d’una grazia che sceglie l’uno ed esclude l’altro? … La grazia, gli eletti, i reprobi, i gratificati, i rifiutati: se voi ci pensate, i mille assurdi del cristianesimo sono cominciati proprio da me, e sulla base d’una diecina di parolette attestate dal solo Luca.

Secondo ladrone: Eppure, furono pronunziate. Ma eri tu forse in animo di intenderle? Occorreva prima disporsi a credere.

Quinto evangelista: Del resto anche il “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” è attestato dal solo Luca. E vorresti togliere anche questo? Provatevi anzi a togliere le due cose dai Vangeli e ditemi di quanto resterebbero impoveriti. Il tema del perdono, il tema della salvazione, il tema dell’abbandono nelle mani di Dio, il tema stesso della salvezza per sola virtù di fede sono tutti lì, in quei due momenti del perdono alle folle e della promessa al ladrone: solo lì, voglio dire, cessano d’essere enunciato astratto e si realizzano in evento tragico. Gli gridavano: “Salva te stesso”, e lui intanto li salvava tutti. Attestato o no, il “Padre, li ho salvati tutti” è già tutto implicito, è come se ci fosse.

Primo ladrone (Sarcastico): E magari è testimoniato nel tuo quinto vangelo …

Quinto evangelista: E perché no?

Avvocato Schimmell: Non sviamo. Dimostraci piuttosto che Luca ha detto la verità.

Quinto evangelista: Bene: se ci badate, il secondo ladrone è l’unico in tutti Vangeli, a rivolgersi a Gesù, chiamandolo per nome. Non “Maestro”, non “Signore”, come di solito fanno gli altri, a cominciare dai discepoli, e neppure “Gesù, figlio di Davide”, come dice il cieco di Gerico, e neppure “Gesù maestro”, come dicono i lebbrosi, ma così, semplicemente, confidenzialmente “Gesù”.

L’unico, ripeto. Ma si capisce: un uomo sta soffrendo, e trabocca in un’implorazione che non si cura delle formule, che è tutta immediatezza, che è supplica e trasporto. E Luca la raccoglie così com’è, alle sorgenti. In quel giuoco d’esitazioni e forse di divieti che coinvolge tutti coloro che interpellano Gesù e che include, prima degli altri, anzi più degli altri, i suoi discepoli, nessun evangelista avrebbe osato scrivere così se il ladrone non avesse detto precisamente così: se costui veramente non avesse avvertito che lì, sulla croce, l’infinita lontananza di colui che chiamavano il Cristo s’era fatta, all’improvviso, infinita vicinanza … E se questa non è una prova dell’autenticità dell’intero passo …

Primo ladrone: Ma a che cosa t’appigli? Di tutti gli evangelisti Luca in fondo è il più eccentrico, il più discutibile. Giovanni e Matteo frequentarono Gesù, Marco assistette al suo arresto. Ma Luca! Un cristiano della seconda generazione, un pagano convertitosi al seguito di Paolo. Peggio ancora, una specie di poeta, inattendibile come tutti i poeti. Pensate a come racconta la nascita di Gesù, e ditemi se non è tutt’al più una bella favola, degna in tutto d’un apocrifo. Anzi in fondo quello di Luca è il primo vangelo apocrifo.

Luca: Io non ho alterato nulla. Tutto un fondo di fatti e di parole di Gesù affluiva fino a me, e non facevo che registrarlo. Semmai nel mio Vangelo è la tonalità ad essere diversa: del Cristo non misuravo la sapienza, ma la pietà, la sua misericordia, la sua compassione. Catecumeno, avevo ascoltato le parabole della salvezza, quella del figliuol prodigo, quella del buon pastore, mi avevano detto che al cospetto di Dio si fa festa quando un solo peccatore, anche l’infimo, si pente, avevo udito da Paolo che noi siamo salvati in virtù della grazia del Signore Gesù: e allora che meraviglia se ai miei occhi egli apparve soprattutto come colui che era venuto a tenderci la mano, il mediatore, il redentore, in una parola il salvatore?

Giuda: Ai tuoi occhi: tu dunque ammetti l’arbitrio. Ammetti di non sapere chi egli fosse veramente e d’averlo descritto così come t’apparve. E si rim-proverava a me di aver mal compreso …

Avvocato Schimmell: Insomma, più andiamo avanti, più scopriamo nuovi arbìtri. Ma chi era dunque costui? Un Dio, il Figlio di Dio, il servo di Dio, il fondatore del regno di Dio, il re dei Giudei, il Maestro, il Messia, un nuovo legislatore, un profeta, un taumaturgo, il Verbo incarnato, la Vittima, il Salvatore? … E scusatemi se è poco …

LUIGI SANTUCCI (1918-1999)

Anche lo scrittore milanese coglie la grandezza del ladro pentito nel riconoscimento di Gesù come Salvatore, anche se lui stesso dovrebbe essere salvato. Quel morire è ben compreso nel suo significato: Gesù muore, perché il suo vivere è tutto un dono, un dono supremo. 

Da “VOLETE ANDARVENE ANCHE VOI?” (p. 246)

Il ladrone che pende al suo fianco è l’unico che ancora crede di morire vicino a un re. Per lui, anche se non sa leggere quel cartello beffardo che hanno inchiodato in cima alla croce – Gesù Nazareno re dei giudei – è una vera insegna regale. Egli pensa che il regno del suo compagno sia un grande giardino con torri, fontane e profumati vini. Un paradiso di scrigni aperti, dove tutto si può rubare a cuore puro, guardando giocondamente negli occhi i passanti, perché là non esistono guardie. E le strade dove lui come sempre dormirebbe, dorate di tiepido sole e senza inverno la notte. Quando sarà arrivato lassù, forse in una biga d’avorio fra inchini di ministri, il re vorrà ricordarsi di lui? Perché deve ricordarlo? Che significa per lui essere ricordato? Non è un sentimentale, questo furfante da crocicchi. Vuole per caso che sulla fossa dove lo butteranno gli piovano grazie o preghiere? Che significa grazia, preghiera? E in che figura poi l’amico dovrà ricordarsi di lui? Come del sanguigno malfattore, col coltello alla gola delle sue vittime e le mani nelle loro borse? O così come gli pende vicino adesso, col ceffo rigato di sangue e il grosso ventre peloso? Non sa questo, non ha importanza. Lui vuole solo un cantuccio nella memoria di Cristo – “ricordati di me” –; se avesse un ritrattino, come fanno i semplici in cui esplodono calde amicizie di viaggio, glielo direbbe. L’altro ladrone bestemmia come quelli sotto. E un bestemmiatore furioso (“se tu sei il Cristo, salva te stesso e noi”), ma con una coda di astuzia. Forse – chi può sapere? – a bru-talizzare questo galantuomo che ha fatto miracoli, un miracolo ci scapperà. Ma bisogna brutalizzarlo. E allora il buon ladrone ritrova la sua violenza (che bella coltellata gli affibbierebbe se le mani fossero libere!), dedica al vecchio complice la sua ultima aggressione: “Neppure tu temi Dio, tu che ti ritrovi a subire lo stesso supplizio. Per noi è cosa giusta, che paghiamo la pena dei nostri misfatti; ma lui non ha fatto nulla di male”. Sì, quel crocifisso in mezzo a loro è il Cristo. Ma egli non gli chiede il miracolo, per sé non vede nessun diritto a essere salvato. È dentro un cristallo di disinteresse totale, lui che è vissuto di cupidigia e di rapina. “Oggi” risponde Gesù. “Oggi sarai con me in paradiso”. Il vecchio malfattore è avvezzo ai tempi lunghi dell’attesa: cinque anni al remo, dieci di lavoro nelle miniere. Invece, basta coi tempi lunghi. Gesù non si contenta di cancellare con la sua spugna tutte le macchie di quest’uomo. Gli preme confidargli che subito entrerà in quel giardino senza sbirri, dove si dorme su tiepide strade. Ha chiesto “Perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Costui invece si può assolverlo più facilmente su quello che fa. 

Riflessione

C’è un bel lavoro dentro la coscienza di quell’uomo, che anche un ladro può avere, seppur non l’abbia mai usata nelle scorribande della sua esistenza da malaffare. Sì, perché ogni uomo può comunque sentire la voce della coscienza che lo rende consapevole del male, ma soprattutto lo arrende all’azione misericordiosa di Dio. Dentro questa coscienza si può vedere scritto il vangelo personale, quello che non si riduce a regole o a schemi, ma è il continuo appello interiore a lasciarsi abbandonare alla mano tesa di Dio, il quale, se anche non ti libera dal male, ti dà la libertà interiore, con la quale puoi risorgere. Il ladro in croce muore con il condannato che gli è accanto, anche perché lui pure è un condannato. Ma prima di morire è già un risorto alla grazia e può sentirsi in paradiso, come una realtà già presente nel momento più drammatico e doloroso.

Preghiera

Risveglia, Signore, la nostra coscienza e purifica il cuore,

perché, rendendoci conto della nostra debolezza, ritorniamo a te,

che sei la nostra forza, la nostra grazia, la nostra risurrezione.

Iscrivi nella coscienza il tuo vangelo, perché sia Spirito e vita,

e noi saremo in grado di ritrovarti per stare con te.

Risveglia, Signore, l’ardore perché la nostra fede sia più viva,

soprattutto quando attorno ci sono l’oscurità, il dolore, il male:

e noi, liberi nello Spirito, sapremo deciderci per te,

seguirti in una passione d’amore che ci fa spendere bene la vita,

andare fino in fondo nel dono di noi stessi,

con la speranza sicura di costruire un mondo migliore,

che vogliamo vivere con te, qui e nella tua casa, nel tuo Regno.

Canto

Signore, ascolta: Padre, perdona! Fa’ che vediamo il tuo amore.

Ti confessiamo ogni nostra colpa, riconosciamo ogni nostro errore

e ti preghiamo: dona il tuo perdono!

L’IMMAGINE DEL BUON LADRONE  

Nelle scene nella Crocefissione, quelle realizzate per raccontare la vicenda evangelica, compaiono sempre i tre crocifissi. Laddove si vuol segnalare l’identità dei due malfattori condannati con Gesù, il cattivo viene indicato in maniera popolare con la vicinanza del diavolo che gli sta carpendo l’anima, e il buono ha invece accanto a sé un angelo ad accogliere l’anima per condurla in paradiso. Dove questi elementi simbolici non ci sono, si può comunque intuire chi sia il buon ladrone dall’immagine di uno che soffre e tuttavia non appare disperato, appunto perché ormai rimesso alla misericordia divina a cui ha fatto appello. Così abbiamo l’immagine di uomo salvato per quanto appaia abbondonato alla sua sorte …

 

TIZIANO VECELLIO (1488-1576)

In questa crocifissione ci sono solo i due protagonisti della scena evangelica di Luca: mentre Gesù è inchiodato alla croce e col capo reclinato come già morto, l’altro, divincolato dai lacci e dai chiodi in una posizione “impossibile” sulla croce e con gli occhi fissi su Gesù, viene rappresentato come se stesse parlando: la posizione è tale che lo fa apparire già pronto a

 spiccare il volo verso l’alto, dove, tendendo la mano destra, sembra indicare lo spazio infinito verso il quale desidera muoversi. Anche ciò che sta attorno – e dovrebbe esserci il buio tenebroso di quelle ore oscure – sta come scolorando per divenire il cielo dorato nel quale immergersi. Le pennellate che l’artista usa sembrano voler accentuare la luminosità che irradia dal corpo di Gesù, vera fonte di luce che trasfigura un po’ tutto in questo ingresso nell’al di là.

Siamo ben oltre la narrazione realistica, per offrire piuttosto qual dialogo rasserenato e rasserenante che introduce i due nel mondo di Dio: se Gesù appare l’uomo piantato in terra sulla croce, il ladro è invece ormai già pronto a spiccare il volo e la sua fisicità così perfetta lo fa essere davvero nuovo, non più passibile di queste pene … 

MICHELANGELO CERQUOZZI (1602-1660)

Accanto alle notizie che si danno di Disma, il personaggio identificato con il buon ladrone, di solito si pone questa immagine del pittore romano, che è cresciuto alla scuola dei caravaggeschi, avendo assunto il loro schema con una particolare carica teatrale, secondo i gusti dell’epoca. Qui su uno sfondo plumbeo, viene rappresentato completamente solo il ladro crocifisso con una forte torsione del busto e degli arti, dando, anche in questo caso, la sensazione che così non possa reggere. Lo sfondo scuro che tende a conferire drammaticità alla scena viene contrastato dal forte chiarore del panno bianco che dà luminosità ad un fianco del corpo. È così ben rappresentato quel forte chiaroscuro che ormai è divenuto uno schema molto usato nei dipinti derivati da Caravaggio e dalla sua scuola. 

 Le forti note chiaroscurali servono ad accentuare l’immagine di un uomo che per la sua condanna merita, con la morte, la discesa nell’oscurità. E tuttavia la forte luminosità che lo investe, segno della grazia proveniente da chi gli sta accanto, dice che ora egli è pronto ad essere rivestito dell’abito nuovo che lo conduce a salvezza, e le contorsioni possono essere la lettura del suo divincolarsi dal male per entrare nella luce del gaudio del Signore.

 

 

Riflessione

Come fai a dire che è innocente? Uno appeso alla croce deve aver fatto qualcosa di male, deve essere un malfattore. Eppure uno che si intende di male, perché l’ha fatto, perché sa di averlo commesso come forma di vita scelta e perseguita, non si lascia prendere dalla disperazione, dal tormento, dalla rabbia del momento e coglie l’opportunità che gli è offerta. Costui diventa l’immagine dell’uomo dominato dal male che può far sprigionare la vera libertà, proprio perché Dio lo rende libero, anche a trovarsi ormai crocifisso, ormai condannato e morto. Rispecchiandoci in quest’uomo che anela alla luce, alla gioia, alla vita, siamo condotti a sperimentare il medesimo desiderio pur vivendo nel male.

Preghiera

La nostra vita, Signore, è immersa nelle tenebre: donaci luce!

La nostra esistenza si trascina spesso nel dolore: donaci ristoro!

Il nostro mondo è immerso nel tormento: donaci la pace!

Hai accolto il pubblicano e perdonato la peccatrice: perdona pure noi!

Hai sanato i lebbrosi e liberato gli indemoniati: libera anche noi!

Hai accolto nel tuo abbraccio il ladro: prendici con te!

Canto

Signore, ascolta: Padre, perdona! Fa’ che vediamo il tuo amore.

O Buon Pastore, tu che dai la vita, Parola certa, Roccia che non muta,

perdona ancora, con pietà infinita.

IL BUON LADRONE DEL NOSTRO TEMPO

Si potrebbe pensare che il buon ladrone sia un caso più unico che raro: solo a lui è capitata questa ventura e cioè essere compagno di sventura di Gesù nell’estremo istante, cogliendo l’occasione propizia di uscirne salvato. In effetti egli è considerato il primo santo, canonizzato direttamente dal Signore. Ma a partire da lui la serie si è allungata. E questo va detto non solo di tutti gli uomini che noi dobbiamo considerare peccatori e che poi con una vita santa si riscattano, ma anche e soprattutto di coloro che proprio “in extremis” raggiungono la salvezza raccogliendo la mano tesa che Dio non nega a nessuno, neppure al malfattore reietto della società. Anche nel carcere, anche nei condannati a morte possono risplendere figure di pentiti che sinceramente si convertono a Dio e che rinascono alla vita della grazia, come dovrebbe essere per ogni uomo da recuperare al bene. 

Come esempio di “buon ladrone”del nostro tempo è doveroso segnalare chi si è macchiato di un grave delitto in occasione di un furto e che poi ha trovato nel carcere il risveglio della coscienza e la grazia dello Spirito per una conversione sincera e duratura. Nonostante questo la società lo ha giudicato e il tribunale lo ha condannato a morte. La sua è stata l’ultima esecuzione in Francia mediante ghigliottina. Oggi è in corso la causa di beatificazione … 

JACQUES FESCH (1930-1957)

Nasce in una famiglia dell’alta borghesia francese e viene educato nella fede cristiana, anche se poi da adolescente abbandona la pratica. Il 5 giugno 1951 sposa Pierrette Polack civilmente a Strasburgo e poco dopo nascerà loro una figlia, Veronique. Per l’acquisto di una barca, tenta una rapina; ferito leggermente fugge con una cospicua somma di danaro. Il quartiere viene circondato e, braccato, cerca di aprirsi un varco a colpi di rivoltella. Ferisce un passante, un agente di polizia e, infine, un altro, quest’ultimo però colpito mortalmente. Arrestato poche ore più tardi, fu rinchiuso in carcere e processato. Durante la reclusione si riavvicina alla fede cattolica, che non aveva mai effettivamente praticato. Il giorno del suo ventisettesimo compleanno il processo termi-na con un verdetto di pena capitale. Dopo la sentenza, si prepara all’esecuzione. Il giorno prima di essere giustiziato celebra anche religiosamente per procura il matrimonio che aveva contratto in forma civile. Viene ghigliottinato il 1 ottobre 1957.

In carcere scrive un “Diario” e alcune lettere da cui possiamo avere la bella fisionomia che si va delineando in quel periodo che lo conduce rapidamente alla morte.

Qui si avverte la descrizione in breve della sua adolescenza sperperata nel nulla e quindi nel male, che ora deve riscattare con la forza interiore dello Spirito.

Ho ricevuto un regalo dal “cielo”. Dopo tanti anni d’attesa, di prediche ascoltate con l’orecchio teso al massimo per cogliere la “parola chiave” (quella che per qualcuno è parte di discorsi triti e ritriti); d’incognite pesanti come montagne su Dio e la Sua vicinanza Invisibile. dopo tanti anni d’errori (ora so che è stato un vero “peccato” averli commessi). Dio mi ha concesso dei segni tangibili, reali, che mi dimostrano la Sua infinita bontà e la Sua presen-za. E’ quell’evento che dà origine alla “conversione del cuore” . E’ come se bussassimo per anni ad una porta ed all’improvviso questa si aprisse. Al di là il Padrone di casa ti accoglierebbe a braccia aperte dicendoti: “Finalmente hai bussato forte, ti ho sentito bene questa volta, sei il benvenuto! Ecco ciò che volevi sapere della tua vita …”. Bussare forte, capisci? Non si tratta di credere o non credere, ma di credere con grinta. Chi bussa forte avrà le prove concrete dell’esistenza di Dio! E’ accaduto a me. Ad un certo punto della mia vita ho desiderato con forza avvicinarmi al mistero di Gesù, attraverso Maria, perché nonostante la mia esistenza fosse “completa” (nel senso sociale del termine), in me “dominavano” ancora delle ombre. Queste m’impedivano d’essere felice e per tenermi nell’oscurità si nutrivano di “impegni inutili” e “materialismo”. Una volta consumati questi “alimenti”, il vuoto, dentro, era ancor più sconcertante. Condividevo quel modello di vita con altri coetanei. Eravamo, nel complesso dei bravi ragazzi, sicuramente non davamo pensieri ai nostri genitori, studenti impegnati, lavoratori onesti, preoccupati però solo di “divertirsi”, spesso in modo insulso. Quanti atteggiamenti, parole, azioni inutili! Una vita vuota. Qualcuno invece direbbe, “una vita in piena libertà”, ma è un controsenso, anche se anch‘io ho provato un senso di libertà vivendo in modo insignificante. La vita si misura solo con un para-metro, la “pienezza”. La pienezza si misura secondo quanto amore abbiamo elargito nella vita.

Così scrive al cappellano del carcere il 19 maggio 1957, dopo la condanna a morte:

Io rimetto nelle mani del Signore la condotta del mio destino … Io ho la certezza che Dio attendeva questo momento per darmi nella sua Misericordia le grazie necessarie al mio stato … Tutto è chiaro e limpido, e io ho la certezza che ciò che sta avvenendo proviene dalla Misericordia divina … Questi due mesi che mi sono stati dati non lo sono stati se non al fine di fare della mia morte un’offerta degna d’essere ricevuta all’altare dell’Altissimo, e un’opera redentrice utile a tutti quelli che hanno bisogno di farsi perdonare … Non resta che una cosa da fare: ignorare tutto quest’odio, poi cercare in sé e attorno a sé Colui che instancabilmente attende l’anima percossa e disperata per darle un tesoro che rifiuta al mondo. Ritrovare il Cristo che, nella solitudine di una cella, vi parla forse più distintamente che altrove. Allora, alla luce della fede, accettare la croce che a poco a poco diventerà così leggera che neanche la si sentirà più. Poi offrire la propria sofferenza, le ingiustizie di cui si è vittima, amare coloro che ci percuotono, e un giorno si udrà, come un buon ladrone crocifisso: ‘In verità ti dico, oggi stesso tu sarai in paradiso!

E queste sono le ultime parole scritte, poche ore prima dell’esecuzione capitale:

Ultimo giorno di lotta: domani a quest’ora sarò in Cielo. Il mio avvocato è appena venuto ad avvertirmi che l’esecuzione avrà luogo domani verso le 4 del mattino. Che la volontà del Signore sia fatta in ogni cosa! Confido nell’amore di Gesù e so che Egli comanderà ai suoi angeli di portarmi sulle loro mani. Che io muoia come vuole il Signore che io muoia. Sono sicuro che nella sua bontà Gesù mi donerà una morte da cristiano, affinché sino alla fine io possa rendergli testimonianza. Bisogna che io glorifichi il suo Nome, e so che io lo glorificherò. Devo fortificarmi la volontà; e perciò penso alla processione dei decapitati che onorarono la Chiesa. Sarei più debole di loro? Dio me ne guardi! Non mi si uccide per ciò che ho fatto, ma per servire di esempio e per ragione di stato! Ad imitazione di Gesù devo implorare il cielo che nessun peccato venga imputato a chi sia per causa mia. Or ora mi sembra che, qualunque cosa io faccia, mai il Paradiso sarebbe per me! È Satana che m’ispira questo; vuole scoraggiarmi. Mi sono gettato ai piedi di Maria e ora va un po’ meglio. Strana veglia di morte, però! Ecco, ho recitato la mia Messa di Nozze, unendomi con tutta l’anima a Pierrette, che ora è mia moglie in Dio. Reciterò il mio rosario e delle preghiere per i moribondi, poi affiderò la mia anima a Dio. Buon Gesù, aiutami!… Ho recitato le mie preghiere e sono inondato di pace e di forza’ Nel suo amore infinito Gesù ha ascoltato la mia preghiera e mi ha esaudito. Gesù, io ti amo!… Sono più tranquillo di un momento fa, perché Gesù mi ha promesso di portarmi subito in Paradiso, e che io morirò da cristiano. Che pace, che straordinaria lucidità di spirito! Mi sento leggero leggero e per il momento ogni timore è scartato. Non sono solo, ma il Padre mio è con me. Solo più cinque ore da vivere! Fra cinque ore vedrò Gesù! Quanto è buono nostro Signore. Non attende nemmeno l’eternità per ricompensare i suoi eletti. Mi attira con tutta dolcezza a Sé, donandomi questa pace che non è di questo mondo. Felice colui che ripone la sua fiducia nel Signore. Non sarà mai confuso!… La pace è svanita per dar posto all’angoscia! È orribile! Ho il cuore che salta nel petto. Santa Vergine, abbi pietà di me!… Santa Vergine, a me! Addio a tutti e che il Signore vi benedica!

Riflessione

Il ladro pentito non è il solo “fortunato”, che ha la ventura di essere compagno di pena del Signore. Anche nei posti e nei momenti impensabili può emergere la luce della grazia che diventa per tutti una indicazione di vita più vera, più alta, più bella, proprio perché segnata dalla presenza di Dio, che è venuto effettivamente per i peccatori e per condurli a salvezza. Tutti vuol salvare e lo dimostra senza ombra di dubbio, perché a tutti è data una opportunità. Ma il suo è un appello libero, una mano tesa che non vuol prendere, ma solo dare, un cuore aperto, perché anche il cuore umano si apra; e allora è un altro vivere, anche a morire!

Preghiera

Ogni uomo che riconosce l’errore, ogni uomo che si apre al tuo amore,

ogni uomo che ritorna a te, pentito di vero cuore,

è il capolavoro della tua grazia, Signore!

Vinci ogni resistenza con la forza soave dello Spirito,

tendi la tua mano fraterna a chi sta cadendo nell’errore,

solleva chi è caduto e dona nuova speranza di bene.

Unisci tutti noi nel vincolo del tuo amore fedele e misericordioso.

Canto

Signore, ascolta: Padre, perdona! Fa’ che vediamo il tuo amore.

A te, Signore, che ci hai redento i nostri occhi solleviamo in pianto:

ascolta, o Cristo, l’umile lamento!

 

CONCLUSIONE

Neville Braybrooke, THE GOOD THIEF SPEAKS (1997)

Il momento peggiore arriva  quando ti sospendono inchiodandoti a un albero morto. Segue un tonfo accecante quando lo lasciano cadere nella terra. Qualcuno dice che c’è come un black-out. Lo saprò presto. Gli alberi dovrebbero essere luoghi del canto. Ora mi stanno sollevando: i soldati stanno tirando le corde. Io mi alzo andando incontro alla mia morte. Poi è come se fosse un vuoto totale … Quando riprendo i sensi non si sente alcun canto:  Le mie ossa urlano di dolore. Cani abbaiano; ma non ci sono ladri in giro. Noi stiamo lontano da Gerusalemme in giorni come questi. L’uomo che mi sta accanto parla di tanto in tanto. Ha sete. Grida a suo padre in cielo. Chiede perdono per quelli che gli stanno attorno. La notte scorsa nelle celle c’era qualcuno che diceva che potrebbe essere un re. Mi sento spinto a parlargli. Dico: “Ricordati di me quando arriverai nel tuo regno”. Con voce chiara risponde: “Tu sarai là prima che il sole tramonti”. Ammutolisco davanti a tale promessa: le sue parole mi tolgono l’ultima paura. Prima che cada la notte sarò molto lontano  da questa malvagia collina con i suoi demoni. Comincio a sentirmi come un uccello che sta per essere liberato in un cielo senza fine. La mia forza mi sta lentamente abbandonando … Sotto di noi c’è un gruppo di donne pazienti. Ce n’è una che continua a ripetere: “Non dimenticate mai quello che mio figlio ha promesso”. Talvolta parla come se stesse pregando:  “I nostri padri hanno confidato in Dio ed Egli li ha liberati”. Quanto è semplice la fede delle donne! Mia madre è morta molti anni fa. Ora ne ho un’altra: O Signora dal Manto Blu, proteggimi e prenditi cura di me! Sta diventando sempre più difficile respirare; La lingua mi si incolla nella mia bocca secca … Ieri nessuno è venuto alla prigione. Nessuno si è interessato. E invece quest’uomo che mi sta accanto si interessa. Mi piacerebbe inginocchiarmi ai suoi piedi, ma non posso muovermi Sono le tre e il sole ha lasciato il cielo: l’oscurità è dovunque. Poi all’improvviso mi rendo conto che non sono più inchiodato a un albero morto. Devo solo stendere le mie mani e qualcuno le afferra”

Invocazioni

Il Signore accoglie sempre benevolmente chi torna a lui e gli fa una gran festa che dura eternamente. Lo riconosciamo con gratitudine e diciamo:

Perdona, Signore, e accogli nel tuo amore!

Coloro che si sono persi sulle strade del vizio e vogliono tornare …

Coloro che coltivano propositi di vendetta per un male ricevuto …

Coloro che sono maldicenti e vogliono imparare a benedirti …

Coloro che sono malfidenti e hanno bisogno di parole incoraggianti …

Coloro che hanno subìto offese e non sanno perdonare …

Coloro che sono tentati al male e non hanno nessun aiuto …

Coloro che si impongono agli altri con la forza e con l’inganno …

Coloro che vivono negli scrupoli o non credono più all’amore vero …

Confidando in Dio che ci ama e ci perdona, diciamo: Padre nostro …

Benedizione

La casa del Padre è aperta ad accogliere tutti per la festa eterna:

conquistati dal suo amore fedele torniamo a lui di vero cuore!

Ci benedica la Trinità: il PADRE, il FIGLIO e lo SPIRITO SANTO. Amen.

 

Canto finale

Se vorrai spezzare le catene, troverai la strada dell’amore.

La tua gioia canterai: questa è libertà!

I tuoi occhi ricercano l’azzurro, c’è una casa che aspetta il tuo ritorno,

e la pace tornerà: questa è libertà!

Apri le tue braccia, corri incontro al Padre.

Oggi la tua casa sarà in festa per te.