PERSONAGGI A CONFRONTO: IL CONTE DEL SAGRATO LA MONACA DI MONZA

PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE

L’idea del romanzo derivò dunque da un cronista e da un economista, fonti del tutto degne di un tenace illuminista. E fu in quelle pagine ch’egli scoprì una grida sui matrimoni impediti. Questo matrimonio contrastato sarebbe stato per lui un buon soggetto per un romanzo, che avrebbe avuto come finale grandioso la peste “che aggiusta ogni cosa”. Così prima di pensare agli avvenimenti e ai personaggi, egli intendeva fissare con sicurezza le condizioni economiche, civili e politiche di un popolo, nella prima metà del XVII secolo. Sino al 1821 Manzoni non parlava che di liriche e di tragedie. Al ritorno da un viaggio a Parigi, pensa sì all’Adelchi, ma l’idea del romanzo si fa più insistente. Non può togliersi dalla testa la lettura di quelle grida, le figure di quei bravi. Nell’aprile del 1821 si mette a scrivere e informa quasi periodicamente il Fauriel dei progressi del suo lavoro. E furono due anni percorsi da una strana forma di allegria, quale non aveva mai provato. Furono insomma gli anni più felici della sua vita. E confesserà al suo amico e parente, il Giorgini (suo genero, avendo sposato la figlia di Manzoni, Vittoria), che alzarsi ogni mattino con le immagini vive del giorno innanzi alla mente, scendere nello studio, tirar fuori dal cassetto dello scrittoio qualcuno di quei soliti personaggi, disporli davanti a sé come tanti burattini, osservarne le mosse, ascoltarne i discorsi, poi mettere in carta e rileggere, era un godimento così vivo come quello di una curiosità soddisfatta. Sembra quasi sentire Pirandello dinanzi ai suoi personaggi, giulivo, anche se la materia che trattava fosse nera e dolorosa. (Macchia, p. 50-52) Leggi tutto “PERSONAGGI A CONFRONTO: IL CONTE DEL SAGRATO LA MONACA DI MONZA”

Nel bicentenario di Fermo e Lucia.

INTRODUZIONE: UNA NUOVA FASE

In un tempo relativamente breve, quello tra il 1821 e i 1823, Manzoni arriva a comporre la storia che poi diventerà famosa nell’edizione del romanzo di vent’anni dopo. Qui elabora la vicenda dei due giovani, con il corollario di altre vicende personali, che potrebbero essere storie a sé stanti, anche se poi vi metterà mano per una revisione sostanziale che riguarda i contenuti, ma soprattutto la forma espressiva. Comunque il canovaccio, che troviamo poi nelle edizioni successive, anche con i tagli doverosi, emerge fin dalla prima stesura ed è il frutto di una ricerca che lo interesserà per molto tempo. Qualcuno ipotizza che si tratti di due storie diverse. Ma così non è, anche se la conduzione della trama presenta differenze e gli stessi personaggi sono proposti con nomi e caratteri diversi. La lettura, a cui ci ha abituati la scuola, è quella condotta sulla edizione definitiva. Qui è utile conoscere il lavoro non indifferente che ha portato al capolavoro, tenendo conto che simile operazione non è solo un lavoro di rifinitura, ma è soprattutto la ricerca di un modo di scrivere che ha prodotto qualcosa che è ben di più di un romanzo, di un libro, di un’opera letteraria: qui è stato avviato un percorso che ha contribuito a costruire la cultura popolare di un Paese, ancora tutto da realizzare.

Non esiste forse romanzo la cui nascita resti più misteriosa. Noi non sappiamo, e forse non sapremo mai, attraverso quali tentativi il Manzoni si sia deciso ad affrontare il romanzo, anzi il romanzo popolare. Quali prove in campo narrativo lo resero sicuro di possedere quanto fosse necessario per lavorare in maniera ampia e decisiva su un genere con cui non si era mai cimentato, e per dar vita a personaggi, all’immagine della sua città, della sua terra e descrivere paesaggi sereni, e delitti e crudeltà atroci? Quale forza, quale determinazione lo spinsero insomma a cacciarsi in un’impresa che fu la sua gloria e il suo tormento … (Macchia, p. 49) Leggi tutto “Nel bicentenario di Fermo e Lucia.”

Figure del mondo spirituale russo: Pavel Alexandrovich Florenskij

INTRODUZIONE.

PAVEL FLORENSKIJ è un religioso e un uomo di scienza, un prete e un padre di famiglia felicemente sposato, un uomo a tutto tondo e di notevole levatura spirituale, che merita di essere conosciuto per la grande passione che ha animato la sua esistenza, facendolo divenire un grande innamorato dello Spirito divino, e nello stesso tempo un raffinato ed esperto ricercatore degli elementi naturali, dentro i quali vedeva all’opera Dio Creatore. Ogni suo percorso di natura scientifica, vissuto con notevole acribia, non gli impediva affatto di scoprire e di sentire lo Spirito divino; come pure ogni sua riflessione sul mondo divino gli permetteva di valorizzare ancor di più il mondo naturale. Si potrebbe dire che non esiste campo dello scibile umano che egli non abbia cercato di accostare con perizia scientifica e nello stesso tempo con finezza di natura spirituale, perché dovunque lo sguardo della mente e del cuore si mette a scrutare, lì trova Dio e trova il meglio per l’essere umano. Anche nei momenti drammatici della sua esistenza non ha mai perso di vista questo sguardo profondo che lo ha immerso in Dio e nello stesso tempo nella natura, che lui considera la migliore espressione del divino. Anche ad essere rigoroso nelle questioni scientifiche e nelle applicazioni della tecnologia, non ha mai perso quel tipo di sensibilità, tutta interiore, che gli ha permesso di elevare la sua mente a Dio e al mondo divino che lui avverte come realtà affascinante e assolutamente necessaria al vivere dell’uomo. Anche a sentirsi travolto dagli eventi non cerca nella fuga la possibilità di sopravvivere, ma vive intensamente la sua testimonianza di fede in una serenità dav-vero sorprendente. Il suo rifugio nella preghiera e nella spiritualità non è affatto una evasione alla ricerca di quella forma di pace che lo tiene al riparo dai mali. Nella sua fede cristiana egli ritiene che la propria passione, quella che vive nelle sofferenze inferte dalla persecuzione, altro non è se non partecipazione piena al vivere di Cristo, che egli ama intensamente e che vuol servire e seguire fino in fondo. Il rifiuto dell’ateismo dominante e di una fede cieca nella scienza senza “anima umana” non si tra-sforma mai in ostilità e in una contrapposizione sterile. Anzi, la sua forte spiritualità, sempre vissuta anche nel pieno della cieca e pregiudiziale persecuzione, cresce più che mai e si rivela quanto mai vivace nei suoi scritti, soprattutto di natura filosofica e teologica, messi a disposizione dei fedeli frequentatori della chiesa, e anche di coloro che hanno a cuore la medesima cultura russa, così intrisa per lui di fede ortodossa, da espor-re, da chiarire, da rendere sempre più luminosa

La cultura in Russia non può prescindere affatto dalla sua immersione nella fede religiosa, che ha sempre accompagnato il corso della storia del popolo russo.

La cultura è la lotta consapevole contro l’appiattimento generale; la cultura consiste nel distacco, quale resistenza al processo di livellamento dell’universo, è l’accrescersi della diversità di potenziale in ogni campo che assurge a condizione di vita, è la contrapposizione all’omologazione, sinonimo di morte. Ogni cultura è un sistema finalizzato e saldo di mezzi atti alla realizzazione e al disvelamento di un valore, adottato come fondamentale e assoluto e dunque fatto assurgere a oggetto di fede. I primi riflessi di questa fede nelle funzioni imprescindibili dell’uomo determinano i punti di vista sui settori inerenti a dette funzioni, ossia sulla realtà oggettiva nella sua interazione con l’uomo. Tali punti di vista sono, sì, categorie, ma non categorie astratte, bensì concrete (si veda la Kabbalah); la loro manifestazione nella pratica è il culto. La cultura, come risulta chiaro anche dall’etimologia, è un derivato dal culto, ossia un ordinamento del mondo secondo le categorie del culto. La fede determina il culto e il culto la concezione del mondo, da cui deriva la cultura. (Il simbolo e la forma in BeL, p. XXVI-XXVII)

LA SUA VICENDA UMANA Leggi tutto “Figure del mondo spirituale russo: Pavel Alexandrovich Florenskij”

Lutto.

Don Ivano comunica con grande dolore la scomparsa della sua amata sorella Rosangela Colombo.

La fede in questi momenti è di grande conforto e alimenta la speranza: la separazione è solo temporanea.

Aggiornamento: i funerali si svolgeranno oggi pomeriggio, 5 gennaio, alle 14.30 presso la Chiesa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista a Galbiate. 

NATALE 2022

 

TU VIENI SEMPRE …

In contemplazione del nostro presepio, costruito secondo le forme tradizionali, quelle che ci forniscono la poesia vera del Natale, ci viene proprio da dire a Gesù: “Tu vieni sempre!”.

Tu vieni sempre, ogni anno e in ogni luogo e vieni con le stesse modalità di allora, che secondo le reazioni manifestate a quei tem-pi, ti vedono non accolto, non compreso nel tuo messaggio di vita. Tu vieni sempre come un bambino e noi ti potremmo trovare nelle fattezze di un essere fragile e ancora tutto da formare, perché possa mettersi in questo mondo dove il male vuol farla da padrone. Tu vieni comunque nelle forme umane di un bambino estremamente povero, perché privo di tutto: e ce ne sono ancora in questo mondo, che s’illude di avere molto, di poter godere di tante cose, trascu-rando l’essenziale. Tu vieni sempre nella precarietà del vivere, perché, nel freddo, puoi prendere anche tu una malattia, perché anche contro di te si scatena l’odio omicida, perché tu pure non hai un avvenire sicuro, se ti manca la casa, se ti mancano i mezzi per il sostentamento, se ti manca ogni ale. Eppure vieniforma assistenzi adesso, vieni oggi, vieni in questo momento, non aspettando tempi migliori, non cercando la condizione ideale che possa dare sicurez-za. Vieni nel bel mezzo di una guerra, e ti presenti come principe di pace, disarmato, indifeso, incapace di far del male e senza aspetta-re che siano intavolate trattative, senza che si creino corridoi di-plomatici, senza pretendere nulla, pur potendo tutto. Vieni un po’ dovunque, ma soprattutto dove sta chi soffre, fuggendo da luoghi di estrema miseria e di impossibilità a vivere, perché non c’è futu-ro. Vieni anche qui, nelle terre dell’abbondanza e della infelicità, perché si fatica a coltivare buone relazioni, perché le troppe cose che si hanno non aiutano a cercare ciò che veramente conta e a vivere con più serenità, puntando sulla Provvidenza. Non abbiamo bisogno di supplicarti, caro Gesù: tu vieni sempre; vieni comunque si trovi questo mondo; vieni, perché sai che questo mondo ha sem-pre bisogno di te; oggi più che mai noi contiamo sulla tua presenza e sulla presenza di bambini, che diventeranno gli uomini di do-mani, in grado di portare quello che hai portato tu, e cioè te stesso, la tua persona, la tua vita da mettere in gioco.

TU DEVI VENIRE!

Continuando a stare davanti al nostro presepio con lo sguardo ammirato di chi gusta le cose genuine, ci viene da aggiungere al Signore Bambino: “Tu devi venire!”.

È una bella pretesa aggiungere una richiesta così perentoria, come se tu fossi obbligato con noi, ma soprattutto da noi. In realtà sei tu a volerti legare a noi, sei tu a sentirti in obbligo, sei tu a presentarti in questa maniera. Perché a te, per la tua natura divina, piace stare dalla nostra parte, piace condividere la nostra esistenza, anche ad essere segnata dal male, che a te non piace. Non sei costretto da nessuno, anche se questa è la volontà del Padre, il tuo che è pure il nostro. Noi ti diciamo le cose come stanno nel disegno suo, fatto sulla misura nostra e tua, perché ci rendiamo conto che davvero senza di te non è possibile per noi vivere bene, vivere secondo un disegno positivo e costruttivo. Tu devi venire, perché non possiamo sentire altrove parole così chiare e forti che ci segnano profonda-mente, come le sentiamo da te. Tu devi venire, perché non tro-viamo da nessuna parte chi ci possa qualificare meglio l’esistenza e costruircela sul sacrificio, che davvero valorizza le virtù e le qualità che abbiamo come dono tuo. Tu devi venire, perché solo la tua compagnia ci garantisce un vivere genuino che possa definirsi un “vivere da Dio”. Tu devi venire ancora, in modo particolare oggi, perché allontanandoci da te e pensando di poter fare da soli, finia-mo per smarrirci: e comunque senza il tuo Spirito non ci è possi-bile fronteggiare il male in maniera adeguata. Tu devi venire per-ché il male sta aumentando e noi non siamo in grado di arginarlo, di reagire nella maniera giusta, di restare fermi, forti, fiduciosi, felici. Tu devi venire, perché quelli che si sono messi dalla parte del male si ravvedano, e facendo la giusta penitenza portino ovunque il messaggio che è sempre possibile recedere dal male e mettersi dalla parte del bene. Tu devi venire per noi, e soprattutto per colo-ro che sono sfiduciati in presenza del male, perché non si lascino travolgere da esso, ma contrappongano al male quanto di meglio sono in grado di fare, perché il bene e la pace possano trionfare. Tu solo puoi portare questi beni; e noi da te, Bambino, li aspettiamo e li accogliamo come i più bei doni di Natale!

IL NATALE NEL MONDO RELIGIOSO RUSSO-UCRAINO

Celebriamo un Natale segnato dalla guerra alle nostre porte. Non è la prima volta. Le tensioni, che ci coinvolgono ed obbligano a prendere po-sizione, ci possono indurre nella tentazione di esprimere giudizi duri e incattiviti. E quando ci si lascia offuscare la mente, si può giungere a quelle forme di denigrazione che comportano il rifiuto di un popolo, della sua cultura, del suo spirito religioso. Anche di questi tempi, con la doverosa condanna di un attacco ingiustificato, di una campagna militare accompagnata da distruzioni ed uccisioni, di una propaganda costruita sulla menzogna e sull’annientamento dell’altro, spesso il giudizio severo trascende fino a negare la storia e la cultura di un popolo: è come se le colpe di oggi coinvolgessero anche coloro che nel passato hanno dato un contributo non indifferente alla cultura umanistica che non è solo patrimonio di un periodo e di un paese, ma è divenuto un bene che appartiene all’umanità. Proprio per non trascinarci dentro un sistema sbagliato, costruito sul pregiudizio, è raccomandabile che non si perda invece l’occasione per ritrovare lo spirito giusto che ci fa considerare a proposito la cultura russa, con il suo patrimonio di fede e di arte. È vero che noi abbiamo davanti agli occhi il martirio del popolo ucraino, ancora una volta, nella sua storia, brutalizzato, anche a motivo della sua posizione storica e geografica. E tuttavia non dobbiamo neppure trascurare l’anima russa che ha fatto grande questo popolo nel corso della sua storia, da condurre oggi su strade migliori, secondo la sua migliore tradizione. In modo particolare dobbiamo riconoscere che quanto di bello si è sviluppato in Russia è dovuto al modo, tutto suo, di esprimere la fede cristiana che ci ha dato pagine ineguagliabili di letteratura ed opere d’arte raffinata, che sono, e rimangono, documento vivo di una fede profonda. Leggi tutto “IL NATALE NEL MONDO RELIGIOSO RUSSO-UCRAINO”

Pietro il Grande.

LA RUSSIA ENTRA NEL MONDO EUROPEO

Il regno di Pietro il Grande coincise con la più grande trasformazione vissuta dalla Russia fino alla Rivoluzione del 1917. A differenza della Rivoluzione sovietica, tuttavia, la trasformazione imposta alla Russia da Pietro ebbe uno scarso impatto sull’ordinamento sociale, poiché il servaggio rimase e i nobili mantennero tutte le loro prerogative. Ciò che Pietro cambiò fu la struttura e la forma dello Stato, trasformando il tradizionale regno zarista in una variante della monarchia europea. Pietro impose al tempo stesso profondi mutamenti alla cultura russa, con un lascito che persiste tutt’oggi accanto alla sua nuova capitale San Pietroburgo. (Bushkovitch, p.93)

In questa breve presentazione del capitolo dedicato alla figura e all’opera di Pietro il Grande, si coglie il grande ruolo che ha avuto questo personaggio nella storia della Russia, diventando pure egli una sorta di mito. Anche ad avere molte informazioni ed anche a riconoscerle veritiere, il personaggio si staglia nella storia russa come una figura unica e gigantesca per il ruolo che ha giocato. Molto è dovuto a lui circa l’apertura nei confronti dell’Europa, dalla quale ha cercato di ricavare il meglio per un ammodernamento delle strutture statali della Russia. Pietro il Grande ha sempre cercato di inserire la Russia tra le potenze europee, non solo per competere con i vicini, che sotto il profilo territoriale non potevano vantare il medesimo spazio vitale della Russia, ma potevano comunque ostacolarne il passaggio per competere con le grandi potenze centrali, come la Prussia, l’Austria, o, ancora più in là, la Francia e l’Inghilterra. Se evidentemente voleva competere con esse, la Russia avrebbe dovuto attrezzarsi di strumenti che risultavano in quel tempo, come assolutamente indispensabili alla costruzione di un Paese dalle pretese imperialiste. Una struttura appesantita dalla zavorra di tipo feudale, come era il sistema dei boiari, non avrebbe mai consentito la costruzione di un Paese più moderno, che sarebbe potuto diventare con la crescita della classe borghese, quella che cerca di allargare il campo del mercato e insieme anche un tipo di produttività che permetta il commercio fuori dei confini nazionali. Lo zar si rende conto che una simile struttura è possibile solo con la libera imprenditoria, quella che va alla ricerca di nuovi spazi, di nuovi mercati, di nuove attività, costruite grazie all’ingegno, alla concorrenza e ai capitali finanziari.  Leggi tutto “Pietro il Grande.”

La Russia verso l’Europa.

LA RUSSIA E IL MONDO CIRCOSTANTE

Nel corso della sua storia la Russia si presenta “tirata” ad oriente e ad occidente, perché il suo immenso territorio la spinge o da una parte o dall’altra in base alle convenienze del momento e soprattutto alle scelte politiche che vengono operate da chi la guida. Ovviamente le motivazioni sono da ricercarsi soprattutto nell’ambito economico, perché le sue risorse e le sue esigenze la spingono nell’una o nell’altra direzione in cerca di materie prime, ma anche di manufatti da vendere, soprattutto, o da acquistare. A dominare la scena in questo, sono ovviamente coloro che detengono gli interessi di natura economica, che tuttavia sono pur sempre una parte minima della popolazione: i ceti sociali più numerosi sono di fatto in prevalenza i lavoratori della terra, e sopra di loro ci sono i grandi latifondisti in possesso di estensioni notevoli di terreni da coltivare. La classe che noi definiamo “borghese”, quella cioè che troviamo nei “borghi”, nelle città, a capo di attività manifatturiere, è minoritaria, anche perché le città che si sviluppano sul criterio prevalente nel resto dell’Europa, e cioè sul ricorso al denaro, appaiono veramente poche e in prevalenza sono quelle che stanno maggiormente vicino ai Paesi dell’Europa occidentale. In particolare sono in contatto con le città baltiche, le sole dotate di un certo spirito imprenditoriale, ma comunque dislocate su un mare interno, dove si affollano altri competitori. L’espansione, poi, di natura territoriale, come succede nel medesimo periodo anche per altri Paesi europei, esige che ci sia pure l’esercito ben organizzato e tenuto efficiente anche con armamenti adeguati. Se per i Paesi europei occidentali la conquista di nuove terre richiede una buona rete di colonizzatori, che aprano nuove strade, ma soprattutto che siano in grado di sfruttare al massimo le regioni acquisite, altrettanto si deve dire per la Russia in espansione ad est. Ovviamente l’espansione richiede anche il supporto dell’esercito, che, anche a non essere composto di un numero cospicuo di soldati, deve comunque risultare dotato di mezzi che permettano di imporsi su una popolazione non ancora in grado di opporre strumenti adeguati. Lo Stato europeo in genere interviene garantendo la difesa, ma anche controllando con le “Compagnie” tutti gli affari economici che si possono aprire e incrementare. Il medesimo fenomeno si ha in Russia. Anche qui le imprese di tipo coloniale appartengono a buoni imprenditori che hanno investimenti da fare; essi però dicono di farlo in nome dello Stato a cui appartengono. Leggi tutto “La Russia verso l’Europa.”

LO ZARISMO

Lo zarismo è un fenomeno tipico del mondo russo, sia perché questo termine è stato coniato lì, sia perché la sola nazione che l’abbia espresso è appunto la Russia; e questo non solo nel periodo monarchico. Abbiamo visto che il termine emerge al tramonto dell’Impero di Bisanzio, quando, per un matrimonio calcolato, con l’intervento del Papa di allora, Paolo II, il granduca di Mosca, come allora si chiamava il principe della città, mai riconosciuto re, viene definito così, e lui stesso si considera l’erede di un Impero ormai decaduto e sepolto. Non viene ancora celebrato un rito solenne di unzione e di incoronazione ma già il riconoscimento esiste, anche se viene ignorato nel resto d’Europa. Non siamo ancora formalmente all’affermazione di un Impero, anche se, sostenendo di voler continuare il titolo usato a Bisanzio, almeno in Russia un tale potere viene stabilito. Se in precedenza chi aveva un’autorità sulle città e il territorio circostante, lo aveva a partire dall’esercizio delle armi e all’affermazione di sé in campo militare, ora, anche perché era scomparso l’imperatore bizantino da cui si ricavava ogni titolo regale o dignità principesca, questo potere appariva assunto per virtù propria, senza che qualcuno se ne facesse carico di trasferirlo. Così lo zarismo si afferma come un potere autocratico, cioè un’autorità che il titolare affermava di avere da sé, dalle sue stesse virtù, senza riceverlo da qualcuno e, soprattutto, senza doverlo condividere con qualcuno. Di fatto, a Mosca, attorno alla figura dello zar, si forma una aristocrazia terriera, che cerca in ogni modo di condizionare e di limitare il potere assoluto degli zar. È inevitabile che si scateni una lunga e sanguinosa lotta, soprattutto quando lo zar è debole, perché ancora giovane, perché incapace, perché senza risorse adeguate in termini finanziari, militari, strategici. Ovviamente è necessario mettere in campo un esercito ben strutturato e soprattutto fedele, e con questo strumento l’autocrazia è perfetta. Per assicurarsi poi il favore popolare è necessario avere una gerarchia ecclesiastica asservita: essa, anche con la cerimonia religiosa dell’incoronazione garantisce la benedizione divina e dunque una derivazione del potere da Dio stesso. Questo impianto appare ben strutturato con Ivan IV, e, a partire da lui, viene ereditato da chi se ne avvale per dare un ruolo imperiale alla Russia stessa. Questo succede anche oltre la fase monarchica: la stessa rivoluzione bolscevica, attuata da Lenin, togliendo di mezzo l’alone sacrale, si avvale comunque dell’appoggio essenziale dell’esercito, perché il potere è acquisito e gestito con esso.

Non di meno succede anche oltre questo fase: pur in un regime che noi consideriamo “repubblicano”, si fa strada un potere che di fatto risulta autocratico, pur se raggiunto con l’esercizio elettorale. Anche chi comanda oggi, per quanto dica di avere il favore popolare grazie alle elezioni, è riconosciuto con un potere che viene esercitato in modo autocratico, come un novello zar. E così viene definito, anche a non portarne ufficialmente il titolo. Leggi tutto “LO ZARISMO”

Maria del Parco

LA NOSTRA MADONNA

E’ UNA MAMMA SERENA

La “nostra” Madonna, a chi la guarda con particolare affetto, dona tanta pace e serenità, perché con il suo sorriso affabile ci dona il suo Bambino, ce lo vuole mettere in braccio, come se lo volesse affidare per un momento e poter così gustare la soddisfazione di portarcelo con noi. E’ suo figlio; l’ha tenuto nel suo grembo, come ogni mamma; l’ha accudito con amore, ripagata da una presenza che le ha comunicato tanta pace nel cuore. Ma ora non vuole più tenerlo come se fosse tutto suo e solo per sé. Lei sa che quel Bambino è di Dio e proprio per questo appartiene al Padre e dal Padre è mandato per ogni uomo, per ogni donna, per chi lo vuole sentire come suo fratello. Ecco perché lo protende ed ha piacere che qualcuno lo abbia con sé, lo prenda in braccio, lo porti ovunque affinché altri lo conoscano, lo amino, lo seguano. E questo lei lo fa volentieri: accompagna il suo gesto con un volto sorridente che lascia trasparire tanta serenità, in modo tale che chi si prende quel bambino tra le mani possa avere la medesima sensazione di piacere, di distensione, di serenità. D’altra parte, la presenza di quel Bambino, sia nel momento in cui si stava formando nel suo grembo, sia quando, venuto al mondo, è stato deposto nella povertà, portato ovunque fra mille tribolazioni, e fatto crescere nelle piccole e grandi prove della vita, ha sempre procurato a Maria una grande serenità. Questa non le impedisce di dover soffrire, di provare angoscia, di sentirsi amareggiata; mai, comunque, perdendo la speranza, la visuale cioè che permette di andare oltre le oscurità tempo-ranee, per vedere ogni cosa con lo sguardo di Dio. Abbondano le imma-gini di Maria con un volto dimesso, segno di profonda umiltà; quelle con un fare meditabondo, proprio di chi non lasciava passare nulla senza rifletterci; quelle che rivelano preoccupazione, come avvenne nel primo distacco di Gesù a 12 anni; e, non di meno, quelle segnate da una profonda mestizia e da un acuto dolore, per vederlo sofferente con la croce, morente su di essa, o morto e disteso sulle sue ginocchia. Ma non sono da trascurare le fisionomie che ce la danno con un volto sereno e rasserenante, come traspare dalla nostra. In questa sua fisionomia ella ci vuole ricordare che anche noi in questo luogo, dove molti vengono a trovarsi per cercare e trovare un po’ di serenità, dobbiamo rivelarci nell’atteggiamento di chi trasmette la distensione dell’animo, per far ritrovare oggi ciò che sembra perso, dimenticato, trascurato.

LA SERENITA’ E’ DONO DELLO SPIRITO

Testi, poesie, preghiere e immagini ci aiutano a trovare la serenità di Maria e in lei la nostra serenità. Ne abbiamo un gran bisogno in un momento segnato da forti e angoscianti preoccupazioni. Si susseguono tante crisi: le minacce del terrorismo, le cadute vertiginose della finanza, le varie epidemie che dilagano nel mondo, le guerre che si fanno sentire un po’ ovunque, la miseria che si diffonde e che attanaglia tanta gente. E in esse la paura cresce, la disperazione assale, la rassegnazione impedisce di reagire. Abbiamo bisogno di coltivare quel tipo di serenità che, anche ad essere raggiunti e pressati dal male, permette di non esserne travolti e di saper far fronte con la bontà e con la bellezza, che hanno il loro vertice in Dio, sorgente del bene e del bello. La serenità che coltiva Maria è quella che le deriva dallo Spirito Santo: ripiena di grazia, cioè dello Spirito stesso di Dio, ella non fa che dispensare questo dono ricevuto, il solo capace di far reagire con il bene, avendo davanti tanto male, di produrre il bello, quando il brutto vorrebbe avere il sopravvento. Appena lo riceve con le parole di Gabriele che la riempiono della potenza proveniente dall’Altissimo, lei porta lo Spirito da Elisabetta, e costei sente sussultare il bambino, con quella esultanza che è gioia e pace dello Spirito. E allora si mette a magnificare Dio: anche a continuare la sua esistenza di donna povera, di donna semplice, di donna sconosciuta ai grandi del mondo, lei conserva nel cuore una grande serenità, con la quale fa fronte a tutte le circo-stanze che la vedono lontana da casa nel momento del parto, allontanarsi da casa nel momento della fuga, faticare a trovare una casa tra le insidie dei potenti che minacciano continuamente la vita del bambino. Ma lei è sempre forte.

Mettiamoci alla ricerca di immagini di Maria che diano a noi tanta serenità: le parole, le figure devono ispirare in noi l’animo di Maria, che eleva il suo cantico. In esso lei dice che davvero il Signore onnipotente innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati, soccorre i poveri, coloro cioè che godono della pienezza della beatitudine, proveniente da Dio. Proviamola anche noi, mettendoci nel cuore semplice di Maria, guardando il suo volto rasserenante, contemplando il suo animo veramente felice, ascoltando le sue parole semplici, ma piene del sapore stesso di Dio. Cerchiamo così di avere la sua serenità e di avvertire che essa è davvero un grande dono dello Spirito, ed è un’esperienza che proprio in occasione dei passaggi difficili ed impegnativi sentiamo affiorare nel cuore.

1.

LA MADONNA DEL SOLLETICO

C’è una curiosa immagine di Maria, in una posa particolare, ben poco nota. Il grande pittore toscano, Masaccio (1401-1428), è considerato l’autore di questa piccola tavola che rappresenta Maria con il gesto materno di chi vuole benedire il suo piccolo. In realtà, sembrerebbe il gesto più umano e familiare della mamma, la quale cerca di suscitare il sorriso nel bambino, con il gesto delle dita che toccano il collo scoperto del piccolo, come per fargli solletico. Così sembra; se non altro per la reazione del bambino, il quale vorrebbe come difendersi, cercando di afferrare il braccio della madre, che continua a solleticarlo. Maria appare seria, anche a fare questo gesto per suscitare il riso; il bambino invece appare divertito, anche a cercare di trattenere la mano della mamma.

Qui vediamo qualcosa di molto umano: non sembrerebbe quell’immagine spesso ieratica e solenne della Madonna, a cui siamo abituati; anche perché i committenti esigevano dagli artisti una figura che risultasse motivo di devozione e di preghiera da tenere in casa, perché gli occhi, rapiti in contemplazione, potessero poi suggerire la migliore preghiera da elevare. Così questa immagine non appartiene certo al patrimonio da esporre in chiesa, come figura pubblica, ma da mostrare in casa come richiamo alla devozione privata. Ed essa può ispirare anche a noi quel genere di tenerezza che induce ad avvertire qui tanta serenità, in grado di infondere la medesima sensazione in coloro che si mettono davanti all’immagine. A noi pure verrebbe il desiderio di fare il medesimo gesto, sia per esprimere la nostra familiarità con Gesù, sia per provare dal suo sorriso ad avere noi pure tanta pace.

La preghiera alla Madonna del Solletico

Maria, madre dei poveri e dei piccoli,

di quelli che non hanno nulla, che soffrono solitudine

perché non trovano comprensione in nessuno.

Grazie per averci dato il Signore.

Ci sentiamo felici e col desiderio di contagiare molti di questa gioia,

di gridare agli uomini che si odiano che Dio è Padre e ci ama,

di gridare a quanti hanno paura: «Non temete».

E a quelli che hanno il cuore stanco: «Avanti che Dio ci accompagna».

Madre di chi è in cammino, come te, senza trovare accoglienza, ospitalità,

insegnaci a essere poveri e piccoli,

a non avere ambizioni, a uscire da noi stessi e a impegnarci,

a essere i messaggeri della pace e della speranza.

Che l’amore viva al posto della violenza.

Che ci sia giustizia tra gli uomini e i popoli.

Che nella verità, giustizia e amore nasca la vera pace di Cristo,

di cui come Chiesa siamo sacramento.

2.

LA MADONNA

CHE GIOCA COL BAMBINO

Anche questa è una immagine curiosa, perché non appartiene all’impianto solito delle figure religiose di Maria con il Bambino Gesù. Se non ci fossero le aureole, si potrebbe dire che qui è riprodotta una giovane mamma, elegantemente vestita e in un ambiente signorile, che sta intrattenendo il suo piccolo. Costui è tutto inteso a voler prendere il fiorellino che la mamma gli sta mostrando. Lui ha il viso paffuto con l’atteggiamento un po’ curioso, presente in tanti piccoli che sono sorpresi davanti a ciò che non hanno mai visto. È invece molto divertita la mamma nel guardare e considerare la curiosità del suo piccolo: la bocca accenna ad un sorriso di soddisfazione, in cui è ben espressa la sua serenità, derivata comunque dalla contemplazione del proprio bambino. È di Leonardo (1452-1519).

È una bella scena familiare da cui si ricava la piacevolezza nel considerare il gioco fra i due, mai preso in considerazione, quando si considera Maria e Gesù, come se una tale scena potesse diventare irriverente o inadatta a far entrare nel mistero e nel giusto sentimento religioso.

La preghiera alla Madonna che gioca

Da vera Madre, o Maria, tu ti riveli, quando giochi con Gesù Bambino:

con il tuo sorriso lo rassereni, con la tua voce soave lo distendi,

con il tuo gesto dolcissimo lo intrattieni,

con la tua presenza amabilissima gli doni sicurezza.

Ed egli ti ridona gioia e pace nel cuore,

mostrando il desiderio di scoprire il mondo,

di capire la bellezza delle cose, di aprire l’animo a tutto e a tutti.

Anche a noi, o Madre, riserba un po’ del tuo tempo,

per aiutarci a vivere meglio, a vivere nella serenità,

perché non rimaniamo schiacciati dai tanti problemi,

e non veniamo assorbiti dalle troppe inquietudini.

Fa’ che possiamo scoprire anche nelle cose semplici,

il grande disegno con cui Dio ci ama e ci vuole con sé,

e rendici sempre sereni coltivando nel cuore la pace di Dio.

3.

A COLEI CHE PUO’ ABBRACCIARE

CON UN SORRISO

IL VILLAGGIO DEL MONDO

Anche nella poesia compare Maria a infondere serenità e dolcezza, mentre all’intorno i problemi si moltiplicano e le prove pesano sull’animo. Proprio la vicinanza di colei che tutti sentiamo come una mamma, può accendere la speranza, può far continuare un cammino divenuto pesante, può alleviare la fatica e condurre ad insistere anche dentro le sofferenze e i disagi. Già la preghiera rivolta alla madre fa bene, soprattutto perché si avverte che lei è presente, che lei ci sostiene …

Il poeta russo Sergéj Aleksándrovič Esénin (1895-1925) ebbe una vita travagliata, soprattutto nella parte finale della sua breve esistenza. Ma già da piccolo coltivava la poesia e aveva anche una buona formazione religiosa propria del suo ambiente contadini. Poi ci fu una crescita vorticosa, una tensione notevole nei confronti della rivoluzione bolscevica e sorse per lui il periodo più tribolato, immerso nell’alcool e in amori impossibili. L’epilogo della morte fu tragico. Ma il suo vorticoso girare in cerca di pace e di una vita da gustare pienamente, non gli impedisce di avere parole e toni di raffinata elegia. E non manca neppure la preghiera, soprattutto quella del figlio nei confronti della Madre …

Madre di Dio,

cadi come una stella sull’aspro cammino

entro la sorda valle.

Versa come olio i capelli della luna

nei presepi contadineschi del mio paese.

Lungo è il corso della notte.

Dorme in essi tuo figlio.

Cala come una cortina il crepuscolo sull’azzurro.

Abbraccia con un sorriso il villaggio del mondo,

e il sole come una zana (cesta ovale) agli arbusti appendi.

Si rallegrerà in essa, lodando il giorno

del paradiso terrestre, il santo bambino.

Io vedo: in azzurrina veste sulle lievi nuvole alate,

va la Madre adorata col Figlio purissimo in braccio.

Per la pace Ella porta nuovamente il Cristo risorto a crocifiggere.

È una bella immagine natalizia, che fa riferimento in modo particolare alla madre di Dio, sempre più sentita come madre degli uomini, proprio per aver portato dentro questo mondo suo figlio. Per quanto buia possa essere la scena notturna nella quale avviene il mistero natalizio, basta il sorriso della madre ad allietare, a rasserenare. Proprio il sorriso di Maria abbraccia il mondo e lo avvolge di una pace infinita, mentre il sole appare come una cesta ovale appesa in cielo. In questo mondo Maria introduce il Figlio ed insieme lo porta a camminare verso la sua croce: solo di lì può venire la pace; solo dalla croce rinasce la vita … Leggi tutto “Maria del Parco”